Yoidore tenshi -
Trama: Considerato da Kurosawa il suo primo film esente da contaminazioni censorie, liberato dalla censura del regime fascista prima e degli occupanti americani in seguito, L'angelo ubriaco rimane una delle rare incursioni del regista nel noir (o almeno a una forma molto personale dello stesso). Kurosawa non si consegna al cinema di genere, ma lo usa per introdurre diversi temi a lui cari, concentrandosi sul valore morale della figura del medico, affidata come da tradizione all'interpretazione di un maestoso Takashi Shimura. Al dottore-angelo, fragile quanto a volontà ma baluardo di saldi principi morali, si contrappone il gangster - giovane, scriteriato e autolesionista – incarnato da un già promettente Mifune Toshiro: il rapporto tra i due, conflittuale ma di grande affetto reciproco, riprende la tipica dialettica kurosawiana sull'amicizia virile e sulla solidarietà umana, con un dualismo Shimura-Mifune che tornerà più volte, fino agli esiti di eccellenza de I sette samurai. Lo stagno, che circonda il quartiere in cui Sanada si trova a operare, funge da metafora – facile, diretta, ma efficace, proprio come i primi piani espressionisti e altri topoi della poetica kurosawiana – della sporcizia morale e fisica di una società malata come quella del dopoguerra nipponico, scenario di miseria assoluta, senza alcuna speranza che non sia quella della dedizione al crimine e al profitto facile. Matsunaga è tutt'altro che un personaggio positivo, con le sue mille doppiezze e menzogne, ma è impossibile non simpatizzare con il dramma umano che dilania il suo animo tanto quanto la tubercolosi divora i suoi polmoni. Tra le diverse sequenze memorabili un posto speciale va riservato, oltre che allo showdown improntato all'eccesso, al sogno di Matsunaga, bergmaniano presagio di morte difficile da dimenticare.
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