Descrizione articolo: La serie più estrema e corrosiva, cupa ed esilarante, disfatta e disfattista, oltraggiosa e rigorosa della televisione italiana. Quello di Ciprì e Maresco sull'Italia degli anni Novanta, decennio chiave di un mutamento culturale, è stato uno sguardo "abissale" (Enrico Ghezzi), una lunga panoramica impassibile e feroce, capace di fare ridere in un modo disturbante e nuovo. La serie andò in onda su RaiTre, per essere poi fatta circolare in frammenti, negli anni successivi, da Fuori orario e Blob. Serie amata o detestata, capace di muovere accese repulsioni e altrettanto accesi dibattiti intellettuali: sul trash, sull'estetica del brutto, sul postmoderno, il post-storico, la fine dell'umano. Palermo, Italia: un bianco e nero ricercato e carico di nubi confligge con i corpi sbracati, con lo squallore di un universo popolato da personaggi borderline, ovvero oltre ogni limite del visibile ordinario. Era il mondo storto del ciclista Francesco Tirone, del petomane Giuseppe Paviglianiti, del cantante fallito Giovanni Lo Giudice, delle 'schifezze umane' Carlo e Pietro Giordano, dell'afasico uomo in mutande Miranda, dell'occhialuto Giuseppe Filangeri... Nel degrado urbano e umano, in questa terra desolata, in questa smozzicata e cacofonica conversazione in Sicilia, la comicità era il primo gesto critico: "Non urlo o risata fragorosa: urli muti, subito troncati, senza eco, e risate a freddo. Comicità minima e iperbolica" (Ghezz
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