Descrizione articolo: "Faccio i miei film come i piccoli maestri di Siena dipingevano i loro quadri. Erano artisti, ma nello stesso tempo anche artigiani nel senso nobile del termine… Anch'io scrivo la sceneggiatura, faccio la regia e il montaggio… Ogni tanto mi occupo anche della fotografia: tuttavia non mi considero né sceneggiatore né regista né montatore né direttore della fotografia. Mi considero semplicemente un pittore, ovvero, se si vuole, uno “scriba di immagini”." István Gaál (Salgótarján 25 agosto 1933 - Budapest, 25 settembre 2007) è sempre rimasto fedele a questa dichiarazione di poetica, a partire da quell'apoteosi del ritmo che è il corto Pályamunkások (1957). Dopo il diploma in regia, Gaál ottiene una borsa di studio al Centro Sperimentale di Roma, dove può impadronirsi di un grande patrimonio culturale e giovarsi di esperienze di libertà impensabili in Patria. Il suo folgorante lungometraggio d'esordio, Sodrásban (1963), influenzato da Antonioni ma profondamente radicato nella cultura nazionale, ottiene un enorme successo di critica, aprendo la strada alla "nuova onda" danubiana. Assieme a Zöldár (1965) e Keresztelo (1967), più direttamente "politici" in quanto parlano senza conformismi degli anni '50, il film va a comporre un'ammirevole trilogia in cui Gaál cerca di formulare in modo universale un destino mitteleuropeo. Con le geometrie di Magasiskola (1970) il regista mette poi in scena un'affascinante metafora sul potere, mentre Holt vidék (1971) segue da vicino i misteriosi processi delle regioni più nascoste dell'anima. Dopo Orfeusz és Eurydiké (1985), dall'opera di Gluck, Gaál non gira più lungometraggi, dedicandosi esclusivamente alla televisione, per la quale realizza uno dei suoi capolavori, Gyökerek (1997-2000), intenso e coltissimo omaggio a Bartók. Fotografo di talento, Gaál ha anche tradotto in ungherese la Storia del cinema italiano di Carlo Lizzani.
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